Presentazione del caso aziendale
“Centrale del latte di Salerno”
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Pubblicato dal Dipartimento di Scienze Economiche e Statistiche dell'Università degli studi di Salerno nella raccolta Quaderni in "Lo strano mestiere di "vendere" notizie. Tracce sparse di news marketing " n° 19, 2006 (CLICCA QUI PER SCARICARE IL FILE) .
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La Centrale del latte di Salerno, a differenza di quanto possa indurre a immaginare la popolarità del suo marchio e del suo nome, è, con i suoi 49 dipendenti, una delle tante piccole e medie imprese che hanno fatto la storia dell’economia salernitana.
Nata nel 1928, è presente ormai da quasi ottant’anni sul mercato locale, vantando una leadership indiscussa in termini di qualità controllata e certificata dei prodotti e dei processi di produzione, ma anche in termini di ampiezza e varietà della gamma.
Parlando, invece, in termini di posizione all’interno del mercato di riferimento, la Centrale del latte si trova a competere, oltre che con marchi diffusi su scala nazionale come Parmalat o Granarolo, solo per citarne alcuni, anche con un marchio campano, Latte Berna, che può contare su una grande fetta di quote di mercato derivanti da un ampio e consolidato bacino di consumatori presenti in tutta la regione, marchio che per questo motivo si configura come il vero market leader, nei confronti del quale la Centrale del latte di Salerno si pone in posizione di challenger, ovvero di sfidante.
La sfida di mercato che vede protagonisti, sul limitato terreno del mercato locale, queste aziende e i loro marchi si realizza sulla base di presupposti strategici antitetici:
- la strategia portata avanti dalla Centrale del latte di Salerno si fonda sul vantaggio competitivo derivante dalla differenziazione e dalla qualità certificata e garantita dell’offerta (premium price);
- la strategia competitiva di marchi come Berna, o come quelli nazionali, si fonda sulla riduzione del prezzo (price competition), che rende i prodotti più appetibili perché alla portata delle tasche di chiunque, soprattutto di chi consuma quotidianamente grandi quantità di latte.
È possibile completare quest’analisi di scenario tracciando un quadro che rispecchia sia l’orizzonte del breve periodo sia le prospettive future, e che vede un mercato come quello del latte sostanzialmente statico (anno dopo anno le sue dimensioni tendono a rimanere costanti, per cui ogni singola azienda per crescere deve cercare di sottrarre quote alla concorrenza) e saturo (non ha più potenzialità di sviluppo perché la penetrazione, ovvero la percentuale del totale di consumatori potenziali raggiunta dal prodotto, ha raggiunto il suo massimo, quindi la sopravvivenza delle aziende è legata alla loro capacità di differenziare i prodotti, lavorare sulla loro qualità o intervenire sul loro prezzo).
Anche un prodotto come il latte ha delle caratteristiche precise, ovvero è un bene di prima necessità (soddisfa, cioè, un bisogno di base) e di largo consumo (è un bene destinato ad un ampio gruppo di consumatori, a basso prezzo e ad alta frequenza d’acquisto), caratteristiche che non lasciano libertà a sufficienza per elaborare campagne di comunicazione innovative e ad alto impatto.
Una questione di fondamentale importanza, alla quale fanno capo sia la pianificazione di marketing che quella di comunicazione, è la progettazione e definizione del target group. Prima di andare ad analizzare quali siano state in tal senso le scelte della Centrale del latte, è necessario precisare che non bisogna assolutamente confondere il target group che risponde all’obiettivo di marketing (detto in parole semplici, i consumatori a cui si vuol vendere il prodotto) con il target group che risponde all’obiettivo di comunicazione (le persone di cui ci si propone di cambiare gli atteggiamenti nei confronti del prodotto). I due gruppi possono a volte coincidere, ma nella maggior parte dei casi il target di comunicazione è molto più ampio del target di marketing, sia perché per raggiungere quelli che si desidera acquistino il prodotto è necessario contattarne molti di più, sia perché è comunque utile creare un alone di favore e di notorietà per il prodotto anche presso un pubblico che non necessariamente diventerà acquirente.
Per quanto riguarda il caso in esame, si verifica una condizione estremamente sfavorevole all’azienda: il target di comunicazione della Centrale è sostanzialmente più ristretto di quello di marketing. Infatti a fronte di un target di marketing potenzialmente estensibile a tutte le fasce di consumatori (bambini, giovani, adulti –in particolare donne- ed anziani; persino gli intolleranti al lattosio, a cui è rivolta la linea Fresco Allegro di prodotti delattosati) grazie alle proprietà intrinseche del latte e alla qualità e varietà dei prodotti offerti, il target di comunicazione è calibrato essenzialmente su un pubblico composto da bambini e, in seconda battuta, da donne.
L’evidenza a sostegno di questa affermazione ci giunge dal fatto che le tattiche comunicative della Centrale del latte di Salerno fanno leva per lo più su forme di comunicazione come la pubblicità commerciale e la promozione delle vendite (operazioni a premi), che si rivolgono ai cosiddetti responsabili degli acquisti (coloro che non necessariamente consumano il prodotto, ma, acquistandolo nei punti vendita, sono fondamentali nello scegliere una marca piuttosto che un’altra) –che nella stragrande maggioranza dei casi sono donne- o la sponsorizzazione ed organizzazione di eventi a beneficio delle scuole elementari, che fanno appello ai bambini nel loro ruolo di consiglieri-decisori (coloro che senza essere direttamente coinvolti nell’acquisto, ma rappresentando però i consumatori finali, con i loro suggerimenti indicano al responsabile degli acquisti quale marca comprare).
Per allargare il target pubblicitario, con lo scopo di raggiungere tutti i consumatori potenziali ed entrare in una fase di espansione del mercato, suggeriamo, come volàno di sviluppo, lo sfruttamento delle ottime capacità di pubbliche relazioni dimostrate dall’azienda nel corso degli anni, attraverso forme di comunicazione alternative che possano sollecitare l’interesse degli opinion leaders e dei mass media.
Nata nel 1928, è presente ormai da quasi ottant’anni sul mercato locale, vantando una leadership indiscussa in termini di qualità controllata e certificata dei prodotti e dei processi di produzione, ma anche in termini di ampiezza e varietà della gamma.
Parlando, invece, in termini di posizione all’interno del mercato di riferimento, la Centrale del latte si trova a competere, oltre che con marchi diffusi su scala nazionale come Parmalat o Granarolo, solo per citarne alcuni, anche con un marchio campano, Latte Berna, che può contare su una grande fetta di quote di mercato derivanti da un ampio e consolidato bacino di consumatori presenti in tutta la regione, marchio che per questo motivo si configura come il vero market leader, nei confronti del quale la Centrale del latte di Salerno si pone in posizione di challenger, ovvero di sfidante.
La sfida di mercato che vede protagonisti, sul limitato terreno del mercato locale, queste aziende e i loro marchi si realizza sulla base di presupposti strategici antitetici:
- la strategia portata avanti dalla Centrale del latte di Salerno si fonda sul vantaggio competitivo derivante dalla differenziazione e dalla qualità certificata e garantita dell’offerta (premium price);
- la strategia competitiva di marchi come Berna, o come quelli nazionali, si fonda sulla riduzione del prezzo (price competition), che rende i prodotti più appetibili perché alla portata delle tasche di chiunque, soprattutto di chi consuma quotidianamente grandi quantità di latte.
È possibile completare quest’analisi di scenario tracciando un quadro che rispecchia sia l’orizzonte del breve periodo sia le prospettive future, e che vede un mercato come quello del latte sostanzialmente statico (anno dopo anno le sue dimensioni tendono a rimanere costanti, per cui ogni singola azienda per crescere deve cercare di sottrarre quote alla concorrenza) e saturo (non ha più potenzialità di sviluppo perché la penetrazione, ovvero la percentuale del totale di consumatori potenziali raggiunta dal prodotto, ha raggiunto il suo massimo, quindi la sopravvivenza delle aziende è legata alla loro capacità di differenziare i prodotti, lavorare sulla loro qualità o intervenire sul loro prezzo).
Anche un prodotto come il latte ha delle caratteristiche precise, ovvero è un bene di prima necessità (soddisfa, cioè, un bisogno di base) e di largo consumo (è un bene destinato ad un ampio gruppo di consumatori, a basso prezzo e ad alta frequenza d’acquisto), caratteristiche che non lasciano libertà a sufficienza per elaborare campagne di comunicazione innovative e ad alto impatto.
Una questione di fondamentale importanza, alla quale fanno capo sia la pianificazione di marketing che quella di comunicazione, è la progettazione e definizione del target group. Prima di andare ad analizzare quali siano state in tal senso le scelte della Centrale del latte, è necessario precisare che non bisogna assolutamente confondere il target group che risponde all’obiettivo di marketing (detto in parole semplici, i consumatori a cui si vuol vendere il prodotto) con il target group che risponde all’obiettivo di comunicazione (le persone di cui ci si propone di cambiare gli atteggiamenti nei confronti del prodotto). I due gruppi possono a volte coincidere, ma nella maggior parte dei casi il target di comunicazione è molto più ampio del target di marketing, sia perché per raggiungere quelli che si desidera acquistino il prodotto è necessario contattarne molti di più, sia perché è comunque utile creare un alone di favore e di notorietà per il prodotto anche presso un pubblico che non necessariamente diventerà acquirente.
Per quanto riguarda il caso in esame, si verifica una condizione estremamente sfavorevole all’azienda: il target di comunicazione della Centrale è sostanzialmente più ristretto di quello di marketing. Infatti a fronte di un target di marketing potenzialmente estensibile a tutte le fasce di consumatori (bambini, giovani, adulti –in particolare donne- ed anziani; persino gli intolleranti al lattosio, a cui è rivolta la linea Fresco Allegro di prodotti delattosati) grazie alle proprietà intrinseche del latte e alla qualità e varietà dei prodotti offerti, il target di comunicazione è calibrato essenzialmente su un pubblico composto da bambini e, in seconda battuta, da donne.
L’evidenza a sostegno di questa affermazione ci giunge dal fatto che le tattiche comunicative della Centrale del latte di Salerno fanno leva per lo più su forme di comunicazione come la pubblicità commerciale e la promozione delle vendite (operazioni a premi), che si rivolgono ai cosiddetti responsabili degli acquisti (coloro che non necessariamente consumano il prodotto, ma, acquistandolo nei punti vendita, sono fondamentali nello scegliere una marca piuttosto che un’altra) –che nella stragrande maggioranza dei casi sono donne- o la sponsorizzazione ed organizzazione di eventi a beneficio delle scuole elementari, che fanno appello ai bambini nel loro ruolo di consiglieri-decisori (coloro che senza essere direttamente coinvolti nell’acquisto, ma rappresentando però i consumatori finali, con i loro suggerimenti indicano al responsabile degli acquisti quale marca comprare).
Per allargare il target pubblicitario, con lo scopo di raggiungere tutti i consumatori potenziali ed entrare in una fase di espansione del mercato, suggeriamo, come volàno di sviluppo, lo sfruttamento delle ottime capacità di pubbliche relazioni dimostrate dall’azienda nel corso degli anni, attraverso forme di comunicazione alternative che possano sollecitare l’interesse degli opinion leaders e dei mass media.
Ipotesi di piano di info-comunicazione
Un noto paradosso recita pressappoco così: «Se un albero cade in una foresta deserta, fa rumore?».
Mutatis mutandis, anche i responsabili del reparto comunicazione della Centrale del latte di Salerno, allo scopo di migliorare l’efficacia e l’efficienza dei meccanismi comunicativi messi in atto dall’organizzazione, dovrebbero domandarsi: «Se la nostra impresa, il suo marchio, i suoi prodotti e le sue attività non sono sufficientemente pubblicizzati, si riesce comunque ad attirare l’attenzione dei pubblici di riferimento?». La risposta che chiunque darebbe a quest’ultima domanda è “No”.
Il motivo è semplice: il successo di un’impresa e il mantenimento del vantaggio competitivo nel tempo sono legati innanzitutto alle competenze distintive e ai valori guida dell’impresa, al suo modo di operare, alle caratteristiche della sua offerta (elementi, questi, che risultano tutti di alto profilo nel caso della Centrale del latte), ma anche alla capacità dell’impresa stessa di comunicare questi elementi all’esterno, rendendosi quasi trasparente agli occhi dei soggetti che non vivono e non operano al suo interno (siano essi consumatori attuali o potenziali, rivenditori, opinion leaders o l’opinione pubblica in generale) e consentendo loro di avere un’idea, quanto più fedele possibile alla realtà, del valore dell’impresa.
L’attività di comunicazione della Centrale del latte di Salerno, pur potendo fare affidamento su di un valido Ufficio Marketing, non ha ancora raggiunto la piena maturità. Infatti si privilegiano forme di comunicazione tradizionali, più facili da realizzare (in quanto più diffuse nella prassi), ma meno sicure nella qualità e nell’efficacia dell’impatto sui pubblici (dal momento che spesso ricalcano dei cliché comunicativi, invece di cogliere l’identità caratteristica dell’azienda che comunica).
La Centrale del latte, infatti, a tutt’oggi, concentra la maggior parte degli sforzi comunicativi sul fronte del classico advertising (spot televisivi e radiofonici, inserzioni sui quotidiani, cartellonistica ed affissioni – il cui linguaggio, a nostro avviso, andrebbe per giunta aggiornato e arricchito di appeal per le nuove generazioni, seguendo, ad esempio, il modello della campagna collettiva “Got Milk?” dei produttori statunitensi di latte) e dell’organizzazione o sponsorizzazione di eventi (ricorrono annualmente, solo per citarne alcuni più significativi, la manifestazione “I love latte” o i convegni sulla sana alimentazione) tralasciando completamente il sostegno che potrebbe provenire da una parallela attività di “pubbliche relazioni”, e in particolare di relazioni con la stampa in una prospettiva di news-marketing. Un tale tipo di attività, nota anche col nome di publicity o di propaganda, presenta dei risvolti positivi di rilievo non trascurabile:
- è a costo zero, in quanto è una forma di comunicazione mediatica costituita da qualsiasi forma di notizia o commento editoriale non pagato ma commercialmente rilevante, il cui contenuto, definito dagli opinion leaders (giornalisti), riguarda idee, prodotti, eventi o istituzioni;
- possiede un elevato grado di credibilità, in quanto il messaggio veicolato non è elaborato e gestito dall’azienda in un apposito spazio acquistato, come avviene per la pubblicità, ma viene filtrato in maniera imparziale dai mezzi di comunicazione di massa.
Se ben gestito, dunque, questo tipo di comunicazione è in grado di raggiungere i pubblici influenti con l’obiettivo di far conoscere l’impresa, di creare goodwill nei suoi confronti e, contemporaneamente, notorietà per i suoi prodotti.
Le linee di intervento che, a seguito di quest’analisi, suggeriamo alla Centrale del latte di Salerno vanno in una direzione che privilegia l’aspetto del news-marketing a supporto di una comunicazione che è gia attiva, sviluppata, nonché caratterizzata da tematiche specifiche e ben riconoscibili. È auspicabile, quindi, la creazione di un Ufficio stampa, che, con la sua attività, mantenga alto il livello di visibilità dell’azienda e stimoli l’attenzione e l’interesse dei giornalisti sui prodotti e sulle iniziative dell’azienda, in particolare attraverso l’emanazione di comunicati stampa mirati, costruiti attorno a specifiche tematiche aziendali che possano sostenere il valore informativo delle notizie e suscitare interesse nel pubblico, a prescindere dalla mera attività promozionale.
Questo upgrade organizzativo non costituirà, per la Centrale del latte di Salerno, chissà quale impresa titanica, dal momento che la logica della qualità è parte integrante dell’azienda, a tutti i livelli della filiera. I contenuti della comunicazione, dunque, non mancano. Occorre solo dar loro una voce.
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